Aboliamo il Partito della Nazione

Il povero Alfredo Reichlin si sarà pentito amaramente di aver usato per primo, un paio di anni fa sull’Unità, l’espressione partito della nazione. Lui intendeva dire, usando una formula gramsciana, che il Pd doveva essere un partito di sinistra che guarda agli interessi nazionali del Paese e che tenta di rappresentare la spinta alla ricostruzione della nazione in un’Europa da rifare e in un mondo globale in continuo cambiamento.
Analisi forse troppo raffinata per chi è abituato al tempo di un semplice clic. Ma è cosa diversa, molto diversa, dalla rappresentazione in voga nel magico mondo renziano. Basta leggere l’intervista del renzianissimo sindaco di Firenze Dario Nardella per capire la differenza. Perché se, come lui sostiene, destra e sinistra non esistono più e il Pd è il partito della Nazione, vuol dire che siamo entrati in un’altra storia.
Il partito della nazione così inteso è un assurdo politico e anche con qualche sentore totalitario. Un partito (che è appunto parte) rappresenta certi interessi, certe aspettative, certe idealità e non tutte. Lo fa con una visione nazionale (Togliatti avrebbe detto nazionale e popolare) che è espressione della sua parzialità.
Proporrei di togliere di mezzo quindi la formula partito della nazione perché o è un equivoco oppure un’aspirazione a un’idea malata della politica. D’altra parte tra i pochi partiti che usarono la parola nazionale ci furono in Italia il Partito Nazionale Fascista di Mussolini e in Germania il Partito Nazionalsocialista di Hitler. Date retta, meglio lasciar stare.

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