Referendum, la risposta di Sergio Staino

Pubblico qui sotto la risposta di Sergio Staino alla mia lettera sul referendum (la trovate qui: https://unitagiubberosse.wordpress.com/2016/11/10/caro-staino-perche-difendo-il-mio-voto-libero/  oppure andando al post precedente a questo) che prendeva spunto da un suo editoriale uscito sull’Unità del 10 novembre 2016 . Credo sia utile a favorire un confronto in vista del referendum costituzionale del 4 dicembre che troppi danni sta facendo. Il testo di Staino meriterà sicuramente una mia controrisposta, se non altro per quel “meraviglioso campionario di antipolitica” che mi addebita e dal quale mi sento molto lontano. Ma oggi è il giorno del direttore dell’Unità, quindi diamo spazio a lui.

 

 

 

Caro Pietro,

considero questa tua lunga lettera un meraviglioso campionario di antipolitica. Mi meraviglia molto che tu butti alle ortiche tutto il nostro passato, rivendicando il tuo “libero voto”, anarchico e quindi suggestivo, rispetto al “voto utile” che abbiamo sempre perseguito dal ’45 ad oggi. Quando eravamo nel Pci abbiamo votato decine o centinaia di volte non in base ai sentimenti personali e alla nostra libertà individuale, ma dopo lunga e sofferta discussione pubblica, e dopo lunga e sofferta riflessione personale abbiamo sempre votato quello che il partito alla fine aveva deciso per il bene comune. Oggi io coerentemente mi comporto come allora, non nascondiamoci dietro un dito Pietro, ci conosciamo da troppo tempo per improvvisarci adesso campioni del libero arbitrio e di aristocratico individualismo.
Renzi ha senza dubbio personalizzato, all’inizio, il referendum costituzionale, ma anche se non l’avesse fatto, oggi, con la vittoria di Trump, lo avrebbe fatto la cronaca politica. Renditi conto che tutto i tuo ragionamento teso a giustificare il NO si conclude realisticamente così: piuttosto che una riforma costituzionale che potrebbe un giorno aprire la porta a possibili difetti di rappresentatività democratica, meglio tornare al bicameralismo attuale anche se questo verrà sicuramente occupato, come il Campidoglio, dal distruttivo populismo grillino appoggiato dalle destre.
Quindi, caro Pietro, è la situazione politica che drammatizza il voto, non più Renzi, e questo ci deve far riflettere e deve far riflettere anche te. Oggi il governo Renzi, ti piaccia o non ti piaccia, è l’unica garanzia che abbiamo per non finire come l’Inghilterra della May, la Francia della Le Pen, e l’America di Trump. Quindi metti da una parte la tua, in parte anche comprensibile, antipatia per Renzi e vota come sempre abbiamo votato noi compagni. Soprattutto noi che da giovani non avevamo un salotto.
Un caro abbraccio,
Sergio

6 pensieri su “Referendum, la risposta di Sergio Staino

  1. Ricordatevi che i nostri padri votarono per un socialista chiamato Benito Mussolini per essere successivamente travolti dal fiume in piena della moltitudine di persone inebriate semplicemente per far parte della straripante schiera dei vincitori. In questa situazione a guardare le cose come me, dal di fuori senza appartenere a nessuno, non si può fare a meno di pensare che ha il massimo di coscienza sociale proprio chi si estranea dalla politica. Qualcuno mi deve spiegare come si può sperare di migliorare il proprio partito votando a favore di qualcosa sicuramente sbagliata. La logica di anteporre il proprio partito al miglioramento della società ha fatto regredire sia la cultura politica (quella di tutti i partiti) che la cultura della società. Ci troviamo (partiti e cittadini) al centro di un grande lago di sabbie mobili, i partiti operano in ogni modo per tenersi a galla con zattere sulle quali può salire solo chi ha acquistato il biglietto per potersi aggrappare. E’ naturale che i cittadini si batteranno strenuamente per salire ma affogheranno insieme agli stessi politici. I politici non hanno capito che le zattere su cui si possono salvare sono proprio i partiti, ma questi devono essere sanati di tutte le falle che ora li rendono assolutamente trappole di malaffare. La vera riforma costituzionale da fare è quella che mette in ordine i partiti:

    Un’attività di qualità dei partiti in una società basata su una democrazia con rappresentanza parlamentare eletta dal popolo.

    Dopo aver letto la relazione della prof. Arianna Di Vittorio (università di Foggia) intitolata “LA QUALITÀ NEI SERVIZI PUBBLICI E NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE” che esprime in modo molto chiaro quale deve essere l’organizzazione dinamica per ottenere il miglioramento continuo del servizio nell’era del terzo millennio mi sono convinto che i partiti dovrebbero organizzarsi come sarebbe auspicabile che lo fossero le aziende di servizio. Solo così le istituzioni dello Stato invece di risultare la sintesi di poteri che impongono la propria visione del futuro senza vera partecipazione democratica, potrebbero diventare il risultato di una democrazia che aspira all’eccellenza proprio perché i cittadini parteciperebbero a creare le nuove proprie abitudini culturali che aspirino all’eccellenza.
    Si sentono frequentemente molti esponenti politici affermare di essere servitori dello Stato e quindi servitori dei cittadini. Poiché i partiti sono le organizzazioni attraverso le quali dovrebbe essere espletato il loro servizio, risulta necessario, per fissare i termini, definire questo servizio e come le attività di queste organizzazioni possano risultare efficaci e rivolte al proprio miglioramento ed a quello degli elettori (utenti). Il bene che il partito si propone di fornire ai cittadini dovrebbe essere completamente privo da qualsiasi materialità ma, nello stesso tempo, tale da esprimere, come risultati, effetti sia immateriali (crescita culturale) che materiali (crescita economica). Il partito dopo aver individuato l’obiettivo da raggiungere che consiste in un proprio ben definito modello della società dei cittadini ne fa il motivo della propria esistenza e si propone di fornire ai cittadini idee per la sua costruzione.
    Per avere la visione dei fenomeni connessi che si sviluppano nella realtà, dobbiamo tener presenti tutti i soggetti interessati, vale a dire:

    La struttura logica progettuale del partito, costituita dalle sue idee fondamentali, che vorrebbe esprimere come risultato finale il proprio modello di società. Questa struttura logica progettuale subisce l’evoluzione naturale sia per l’avvicendarsi delle persone preposte alla sua formulazione, sia perché alle stesse viene imposto dalla realtà di tener conto dell’evoluzione della società stessa.
    L’insieme dei cittadini a cui si rivolge l’offerta del servizio.
    (Sarebbe per me importante definire con regole precise quale deve essere l’insieme dei cittadini ai quali può rivolgersi l’offerta politica per impedire che i partiti cerchino di allevare i minori alle proprie idee istituendo proprie scuole o introducendo propaganda nelle scuole; la formazione politica degli studenti dovrebbe avvenire obbligatoriamente in modo indiretto e naturalmente il più possibile in modo oggettivo, con l’obiettivo di lasciare crescere spirito critico e vera libertà di pensiero. Naturalmente i partiti possono anzi debbono fare scuole interne per perfezionare la professionalità dei propri addetti)
    L’insieme degli addetti, i politici, che mantengono relazioni con i cittadini.
    La struttura dello Stato che compendia l’insieme di regole imposte nel momento presente alla società, regole che devono essere rispettate ma possono essere modificate solo quando un nuovo convincimento culturale s’impone nella società stessa. Anche le stesse modalità della trasformazione devono però fare parte delle idee fornite dal servizio (partiti) e diventare operanti solo in conseguenza del convincimento dei cittadini per potersi sviluppare nelle decisioni di di attuazione.
    Chi governa (l’esecutivo) è il gestore della società secondo le regole vigenti di modo ché il partito che ha vinto le elezioni, si può dedicare a modificare le regole seguendo il proprio programma, ma non deve trarre alcun vantaggio diretto dal fatto che esprime gli uomini del governo. La struttura dello Stato si dovrebbe intendere come completamente separata dai partiti. Gli eletti (deputati del parlamento e senatori) sottoporranno le idee di ciascun partito (già utilizzate nel processo di elaborazione della dialettica di partito) alle discussioni delle camere fino ad ottenere la formulazione delle leggi, che risultano pertanto essere sempre una rielaborazione finale di pareri diversi. L’esecutivo (ripeto: indipendente dai partiti) è il gestore delle leggi formulate, solo eccezionalmente propone leggi (attraverso decreti) che diventano definitive solo dopo l’approvazione delle due camere.

    A ciascuno dei punti precedenti possiamo far corrispondere qualcosa di analogo nelle società di servizi.

    La struttura logica, progetto del partito, corrisponde alla ragione sociale della società di servizio che comprende tutti gli apparati che elaborano i piani di penetrazione nel mercato insieme all’idea del prodotto più efficace.
    L’insieme dei cittadini elettori corrisponde alla clientela acquisita, da conservare, o potenziale, ancora estranea, che si vuole convincere a utilizzare il servizio proposto della società. Anche la clientela delle società di servizio dovrebbe essere salvaguardata da interventi di persuasione che travalichino la concorrenza corretta, come la pubblicità non veritiera, la prepotenza economica, il lavoro nero, prodotti di basso costo ma controproducenti per la società, ecc.
    Gli addetti alle relazioni esistono anche nelle società e sono i pubblicitari e i venditori.
    La struttura dello Stato con tutte le sue regole che dovrebbe essere tenuta presente con il dovuto rispetto da entrambe le organizzazioni.

    La differenza basilare fra il partito e il servizio sta nelle modalità di ciascuna delle due organizzazioni per il reperimento delle risorse economiche. La società di servizio ricava il sostentamento dalla vendita del servizio alla propria clientela e pertanto dipende da questa e deve attrezzarsi per soddisfarne i bisogni. I partiti politici invece acquisiscono potere economico dai cittadini che li eleggono solo nel momento delle votazioni (la sovvenzione è denominata in modo improprio, rimborso delle spese sostenute durante la campagna elettorale) e di questi solo una parte esigua continua a finanziarli in modo diretto; (è naturale che i politici soddisfino in modo più concreto chi gli da il sostegno materiale diretto). Il meccanismo di finanziamento dei partiti falsa evidentemente la democrazia dando maggior peso politico a chi in qualche modo mantiene relazioni economiche con i politici e come vediamo dalle cronache questa modalità si presta ad intrallazzi e corruzioni. Secondo me, se si riuscisse a far diventare abitudine di tutti i componenti la società, una riforma che prevedesse una sovvenzione dello Stato ai partiti elargita in proporzione alle tessere (controllabili con codice fiscale trasmesso agli uffici del fisco nel momento del tesseramento e come avviene per un qualsiasi servizio, soggetto a diritto di recesso in qualsiasi momento con opportuno avviso agli stessi uffici) ed il divieto penale degli uomini politici e dei partiti di ricevere regali dei loro sostenitori e naturalmente di farli, gioverebbe molto a rendere pulita la politica.
    La mia ipotesi è che il partito dovrebbe ricevere la sovvenzione dello Stato periodicamente e sempre in modo proporzionale alle tessere in proprio possesso nel momento della elargizione e che tutti i politici che ne fanno parte dovrebbero ricevere il proprio stipendio dal proprio partito secondo regole interne al partito stesso. Rimarrebbero a carico diretto dello Stato gli stipendi di coloro che rivestono cariche pubbliche riguardanti compiti chiaramente esecutivi e cioè gli addetti alle funzioni di governo, sia della Nazione che delle Regioni, delle Province e dei Comuni. Lo scopo di questa impostazione è di creare una struttura basata sul proposito della ricerca continua dell’eccellenza, che parte dalla capacità dei partiti di farsi conoscere dai propri sostenitori non solo per il proprio progetto ma anche per il modo con cui sono capaci di attuarlo nel tempo.
    È, inoltre significativa la differenza che esiste fra il cittadino, semplice elettore, che usufruisce dell’offerta dei partiti e il cliente dei servizi offerti da una società di servizi. Il cliente usufruisce di quanto gli viene offerto immediatamente appena usa il servizio e può esprimere immediatamente il proprio giudizio, il cittadino usufruisce di due effetti diversi, quello culturale che è immediato è tanto più realizzato, quanto più non si ferma a semplice informazione propagandistica unidirezionale ma è comunicazione bidirezionale con crescita culturale dei due soggetti e l’effetto finale che può sembrare anche completamente eluso ma che gli addetti alla comunicazione del partito dovrebbero avere la capacità di ridiscutere, sempre in modo costruttivo e reciproco, sia con i cittadini che con la gerarchia del partito alla ricerca di ulteriori miglioramenti delle nuove idee proposte.
    Dobbiamo anche prestare attenzione alle situazioni particolari in cui si trovano i partiti politici che esprimono, avendo vinto le elezioni, gli uomini di governo. Gli stessi avranno vantaggio, quando oggettivamente la società vive un periodo di sviluppo mentre inversamente un periodo di regressione, comporterà difficoltà di consenso.
    La tessera del partito renderebbe il ruolo del cittadino molto più importante, ma credo che sia comunque necessario, farlo crescere nelle competenze politiche e nella conoscenza dei fatti amministrativi e, perciò, come vien fatto in una regione della Francia, si potrebbero istituire camere basse in cui i cittadini tirati in sorte partecipano direttamente al controllo delle decisioni politiche per un periodo adeguato a creare esperienza e ad avere risultati efficaci. Il sistema dovrebbe funzionare facendo scalare i componenti l’assemblea in modo da sostituire man mano con nuovi sorteggiati gli uscenti e bilanciare così sempre persone che hanno già acquisito esperienza con nuovi componenti probabilmente inesperti ma anche privi di condizionamenti.
    Anche se è evidente che i partiti si propongono un servizio molto più complesso, la somiglianza con quanto avviene nelle organizzazioni dei servizi mi spinge a suggerire la lettura per approfondimento di quanto si sta già facendo per sviluppare società di servizio che aspirano all’eccellenza della propria attività.

    Nota Mi sembra di non aver considerato l’esistenza di servizi pagati dai cittadini in via indiretta. Mi riferisco ad adempimenti della pubblica amministrazione che riguardano una comunità nel suo insieme. Chiaramente quanto più l’operatore del servizio ha l’esclusività del compito, tanto più la responsabilità non può essere che politica, cioè di chi gli ha assegnato quel compito.
    Il pagamento può essere parzialmente diretto; questo avviene quando l’espletamento del compito è rivolto al singolo cittadino ma l’organizzazione deve essere pronta a dare risposta a chiunque nella comunità. Risulta di conseguenza che i cittadini sono più competenti quando usufruiscono o hanno usufruito direttamente del servizio. Come si sviluppa un miglioramento reale culturale della politica e dei cittadini? Con il criterio di dare semplicemente più potere alla maggioranza dei cittadini (comunque gli sia attribuito col solo voto o anche economico con la tessera) i politici cercheranno di soddisfare la maggioranza e il compito della buona risposta e dell’assolvimento a rispondere a chiunque si trovasse in futuro nello stato di necessità, verrebbe tranquillamente trascurato. Mi accorgo ora di aver dato in qualche modo già una risposta che riporto: “La tessera del partito renderebbe il ruolo del cittadino molto più importante, ma
    credo che sia comunque necessario, farlo crescere nelle competenze politiche e nella conoscenza dei fatti amministrativi e, perciò, come vien fatto in una regione
    della Francia, si potrebbero istituire delle camere basse in cui i cittadini tirati in
    sorte partecipano direttamente al controllo delle decisioni politiche per un periodo
    adeguato a creare esperienza e ad avere risultati efficaci. Il sistema dovrebbe
    funzionare facendo scalare i componenti l’assemblea in modo da sostituire man
    mano con nuovi sorteggiati gli uscenti e conservare così sempre persone che hanno
    acquisito esperienza.” Aggiungo che queste commissioni di controllo potrebbero essere specializzate per servizio.

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  2. “…piuttosto che una riforma costituzionale che potrebbe un giorno aprire la porta a possibili difetti di rappresentatività democratica, meglio tornare al bicameralismo attuale anche se questo verrà sicuramente occupato, come il Campidoglio, dal distruttivo populismo grillino appoggiato dalle destre….”

    Non capisco una cosa: come dovrebbe fare questa “riforma” ad impedire l’arrivo dei temibili grilli? Se i cittadini italiani li votano, costoro vanno in Parlamento. In democrazia di solito funziona così. La “riforma” quindi che differenza potrebbe fare da questo punto di vista?

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