In un mondo di perfetti sconosciuti

E se fossimo tutti, in fondo, perfetti sconosciuti? La domanda mi è girata per la testa dopo aver visto il bel film di Paolo Genovese che si chiama, appunto, Perfetti sconosciuti ed è il viaggio massacrante nelle vite segrete dei protagonisti racchiuse dentro il cellulare. Non vi racconto il film perché se qualcuno ancora non l’ha visto è bene che lo veda senza rivelazioni anticipate. Vi dico solo che aprire per gioco in pubblico i segreti del proprio cellulare – nel caso del film durante una cena tra amici – si rivela una scelta devastante. Ognuno alla fine non è come appare o come vuole apparire ma un’altra persona che custodisce intrighi, rapporti extraconiugali, scelte sessuali non confessate. E’ l’eterno conflitto tra essere e apparire che svela la miseria umana.

Credo che se ognuno di noi partecipasse a quel giochino mostrerebbe di sé un lato sconosciuto, nascosto, coperto, non necessariamente fatto di tradimenti sessuali come accade nel film ma altrettanto sorprendente. Può valere tra amici, può valere tra conoscenti o colleghi di lavoro, può valere in altri contesti. Siamo cittadini sconosciuti in un modo di sconosciuti. Custodiamo i nostri segreti, le nostre preferenze, i nostri giudizi in una memoria segreta inaccessibile agli altri. Ci isoliamo, come atomi solitari. Ci costruiamo un’immagine di noi che non è quella reale. E’ il virtuale che diventa reale.

Pensate – sì, mi è girato in testa anche questo vedendo il film – che cosa accadrebbe se a quel tavolo fossero seduti sei o sette dirigenti del Pd e rendessero pubblico il contenuto del proprio cellulare: sms, whatsapp, mail, messaggi privati su Facebook o su Twitter…L’effetto sarebbe sicuramente devastante. Appunto: e se fossero tutti perfetti sconosciuti? Se fossimo tutti perfetti sconosciuti? A voi le risposte…

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